SUMMER SEA KAYAK EXPEDITION

L'isola di Lesbo è la terza isola greca e la seconda del Mar Egeo.
E' famosa per avere dato i natali alla poetessa Saffo e per il suo Ouzo, liquore di anice che qui è particolarmente aromatizzato.
Lesbo ha uno sviluppo costiero di 350 Km e, come tutte le isole del Mare Egeo in agosto, è caratterizzata dalla presenza quasi costante del Meltemi, il vento da NNW che mantiene "accettabile" la temperatura della secca estate isolana.
La probabilità del 27% che soffi con forza uguale o superiore a 4 Beaufort, unita alla bellezza dei paesaggi costieri, ne fanno un'ottima meta per un breve viaggio estivo.
Sarà, ancora una volta, un divertente viaggio con un compagno invisibile...
Tatiana e Mauro

venerdì 29 agosto 2014

Il percorso del viaggio...

Abbiamo pubblicato su Spot Adventure il percorso semplificato del viaggio (12.000 punti ridotti a 3.000).
La pagina è raggiungibile al seguente link Lesbo Kayak Tour 2014, oltre che dal collegamento sulla testata del blog.


mercoledì 27 agosto 2014

I numeri del viaggio

Come tutti i viaggi, prima o poi finiscono! Al rientro, abbiamo fatto due conti:
20 giorni di trasferta
16 giorni di navigazione
346 km percorsi in kayak
250 km percorsi in auto (soltanto a Lesbo)
1810 km totali in auto (in Italia ed in Grecia)
2 traghetti all'andata (Ancona-Patrasso + Atene-Mitilini)
2 giorni e 2 notti per arrivare a destinazione...
4 giorni per il ritorno (non c'era la coincidenza nelle due tratte marine!)
2860 km totali di traversate in traghetto!
12 km la tappa più corta in kayak
30 km la tappa più lunga (in un giornata di Meltemi!)
7 nodi la massima velocità di crociera registrata dal GPS di Mauro
7 chili di preziosi ritrovamenti, tra cui:
1 boa gialla ed 1 boa bianca
1 palla blu, bellissima!
1 rastrello verde, 1 paletta azzurra e 1 formina gialla a stella marina
5 pezzi di anfora di età imprecisata (sicuramente post-moderna!)
3 diverse specie di ricci di mare
1 fila lunghissima di galleggianti rossi, bianchi e neri
Tante taverne in riva al mare, almeno una al giorno!
1 temporale notturno, con tanto di tenda infangata al mattino
1 delfino, 1 tonno, 1 falco, 1 geko, 2 fenicotteri... nessuno scorpione
Tantissimi incontri fortunati, a terra ed in mare!!!
5 lavatrici una volta a casa...
Diversi pezzi dell'attrezzatura rimasti inutilizzati:
l'amaca, gli ombrellini parasole, la cima di traino, la pagaia di riserva, il paddle-float, il "guarda-sotto"...
Tantissime foto ancora da visionare, qualche aneddoto da memorizzare, tanti ricordi da riordinare...
Un gran bel viaggio, una gran bella compagnia, una bella isola a nostra misura!

domenica 24 agosto 2014

La nostra giornata tipo...


Ci svegliamo ogni mattina senza il suono della sveglia, ma quando il sole ci entra in tenda. Può accadere tra le 6 e le 10 del mattino, a seconda della presenza o meno di alberi (sempre ombrose tamerici), dell'orientamento della spiaggia, della presenza di rilievi e soprattutto della nostra indole vacanziera (solitamente incline alla notoria calma greca).
Poi è tutto un elogio della lentezza.
Mauro si rade all'ombra, guardando il mare, ed io smonto il campo: inizio a sgonfiare i materassini, l'attività più piacevole della giornata, perché devo stendermici sopra per qualche lunghissimo minuto e quando l'aria è già arroventata il soffio della valvola è sufficiente a rinfrescare la mente.
È poi la volta di cuscino, sacco a pelo, tenda e sottotelo. Ogni cosa ha una sua sacca stagna ed una sua precisa collocazione all'interno dei kayak.
Riposti i primi pezzi nei gavoni, ci prepariamo la colazione: tutti i giorni in riva al mare. Abbiamo presto sostituito i biscotti col pane e da tempo siamo passati dalla moka al caffè solubile: si perde l'aroma e si risparmia il combustibile del fornello. Questione di scelte.
Laviamo tazza e posate con poche gocce d'acqua dolce e mentre Mauro controlla l'attrezzatura elettronica (caricare le batterie o sostituire le memorie o salvare le tracce del GPS), io posso dedicarmi alla mia seconda attività preferita dopo il pagaiare: raccogliere sassi e conchiglie!
Nell'arco di un paio d'ore (talvolta anche di più!), diamo inizio alla navigazione giornaliera. Per prima cosa laviamo bene i pannelli solari e controlliamo che la deriva sia libera e funzionante. Troppe volte i miei amati sassolini son voluti salire a bordo come clandestini e, incastrati nello scasso della deriva, l'hanno resa inservibile quando più era necessaria!
Una volta seduti nel pozzetto, si parte.
Per rispettare le percorrenze giornaliere programmate per questa vacanza di tutto relax (20 chilometri!) non abbiamo mai pagaiato più di cinque ore al giorno, generalmente un paio d'ore prima di pranzo e le restanti prima di cena. Uno dei due pasti lo abbiamo sempre, o quasi, consumato in taverna, la tipica trattoria greca affacciata sul mare ed annunciata dall'inconfondibile segnale dei tavolini in legno sempre apparecchiati e sistemati all'ombra di tamerici, ombrelloni o pergolati.
Nelle ore più calde della giornata, quando il resto del mondo si dedica al pisolino post prandiale, noi preferiamo riprendere il mare. Siamo molto più freschi in kayak, con frequenti abluzioni, che non in spiaggia!
Tra una foto ed una chiacchiera trascorre il pomeriggio. Prima che il sole tramonti ci dedichiamo a cercare il campo più adatto per trascorrere la notte e la scelta è tanto più semplice se nei pressi avvistiamo una taverna. Teniamo sempre a debita distanza discoteche e locali notturni, ma a Lesbo ne abbiamo trovati davvero pochi. Di solito, sbarchiamo all'ora in cui le spiagge si svuotano di bagnanti: è così sempre facile trovare un posticino accogliente per montare la tenda. Delicata è la scelta della posizione e Mauro spiana con un'apposita tavoletta (diventata ormai un pezzo insostituibile dell'attrezzatura da viaggio) la piazzola della nostra casa per una notte.
Se invece la taverna non appare, Mauro cucina 'prelibatezze' sul fornello da campeggio mentre io finisco di arredare la casa. Finiamo di cenare quasi sempre in tempo per assistere allo spettacolo della sera: il cielo si illumina di stelle e qualcuna cade per esaudire i nostri desideri... che son quelli di dormire sonni tranquilli, cullati dalla risacca del mare e dai campanelli delle capre, prima di iniziare un nuovo giorno in kayak intorno a Lesbo...

sabato 23 agosto 2014

La "nostra" isola...


Lesbo è davvero l'isola descritta dalle guide turistiche.
Il giardino dell'impero, la chiamavano i turchi fino al 1912, fin quando cioè hanno dominato sulle sue due montagne, poco più alte di 900 metri e ricoperte di foreste di castagni e di querce. Le sue coste lineari, incise dai due pronunciati golfi di Geras e Kalloni, ne fanno l'isola più grande delle Sporadi Orientali e le sue pianure estese e coltivate l'hanno resa la più verde e fertile dell'arcipelago. Folte pinete rivestono i versanti orientali dell'isola, mentre tutta la parte occidentale è brulla e quasi desertica, tanto che si stenta a credere alle descrizioni idilliache fornite dai suoi poeti.
Lesbo ha dato i natali alla prima poetessa della storia della letteratura, Saffo, che sull'isola educava una comunità di ragazze provenienti da tutta la Grecia per 'prepararle' al matrimonio, insegnando loro, tra le altre, le arti più raffinate della poesia, del canto e della danza. "Chi è bello, è bello solo per il tempo che lo si guarda, chi è virtuoso sarà subito anche bello", spiegava alle sue seguaci.
Sono originari di Lesbo anche i filosofi Epicuro, Terpandro e Teofrasto, oltre a Pittaco, uno dei Setti Saggi della Grecia antica, e ad Odysseas Elytis, il poeta greco premio Nobel per la letteratura nel 1979.
Questo e poco altro abbiamo letto sull'isola nel portolano, che oltre ad elencare le varie dominazioni seguite nei secoli (persiane, romane, saracene, bizantine, veneziane, genovesi ed ottomane) non ci ha fornito molte altre informazioni. E quelle poche erano anche un po' datate.
È stato così un viaggio di esplorazione, alla scoperta delle coste dell'isola, dei suoi piccoli porticcioli, delle sue rarissime spiagge di sabbia, dei suoi lunghi filari di tamerici sul mare, dei suoi innumerevoli "campeggi liberi organizzati", delle sue scogliere policrome nella Riserva Naturale della zona occidentale...
Abbiamo avvistato un delfino, un tonno gigantesco ed una tartaruga, purtroppo deceduta. Abbiamo ingaggiato una battaglia infinita con un ragno dagli occhietti fluorescenti. Abbiamo spaventato un serpentello giallo, lungo un metro e grande quanto un dito, sceso ad abbeverarsi ad una risorgiva sul mare. Non abbiamo mai incontrato i tanto annunciati scorpioni ma abbiamo pranzato in compagnia di un piccolo geko e le acciughe sono state le nostre più fedeli compagne di viaggio.
Il villaggio più affollato, Skala Eressos, contava appena una dozzina di taverne affacciate sul mare, qualche casetta bianca arroccata sul promontorio, un paio di stradine pedonali, un centro velico ed uno di sport acquatici, con un solo motoscafo che trainava avanti e indietro nella baia ventosa quei gommoncini gonfiabili dalle forme improbabili su cui ragazzini urlanti si facevano sballottare in acqua ad ogni onda.
Per il resto, l'isola è pressoché deserta, lontana com'è dalle solite rotte turistiche, quei pochi visitatori che vi si avventurano son quasi tutti greci. Una lunga spiaggia di ciottolini scuri è stata tutta per noi anche nel giorno di Ferragosto, dotata del solito spogliatoio e della solita doccia libera.
La cucina, inutile dirlo, è eccellente: taverne e kantine su ogni spiaggia raggiungibile da terra: ombrelloni di foglie di palma o pergolati ricoperti di vite o di reti da pesca come segno distintivo, tanti piatti della cucina tradizionale e prezzi sempre contenuti. L'ouzo prodotto sull'isola è uno dei più rinomati di tutta la Grecia e ha innaffiato quasi tutti i nostri pasti.
L'isola di Lesbo merita una visita: è molto bella, anche se non è spettacolare, è circondata da un mare pulito che colpisce per i suoi colori intensi, è ricca d'acqua dolce e si vedono frequenti infiltrazioni anche lungo riva, coi fondali ricoperti della patina giallognola tipica dei laghi.
Ci siamo goduti una vacanza rilassata e rilassante, pagaiando poco ma bene, mettendo alla prova il nuovo kayak disegnato da Mauro, il Voyager, che già reclama nuovi mari.
Adesso che siamo sulla via del ritorno e che i muscoletti di braccia, spalle e schiena reclamano dell'altro movimento, teniamo in allenamento almeno addominali e facciali, non solo continuando a mangiare greco per spezzare la monotonia della trasferta in traghetto, ma anche giocando al mio gioco preferito: ricordare le tappe del viaggio in kayak, campo dopo campo, mettendo a confronto il ricordo che ci ha lasciato ognuna delle nostre case per una notte... con risultati esilaranti ed inquietanti insieme!

venerdì 22 agosto 2014

Lo stretto di Corinto...

Ci siamo passati ormai tante volte e lo abbiamo appena intravisto dal ponte dell'autostrada... Oggi abbiamo deciso di osservarlo per bene dal ponte pedonale... Chissà se prima o poi riusciremo a passarlo in kayak...

Sulla via del ritorno...

Sono sei anni che veniamo in vacanza in Grecia e non abbiamo mai visitato l'Acropoli di Atene. Questa volta sembra essere quella giusta, complice un giorno e mezzo di sosta forzata nell'Ellade in attesa del secondo traghetto per ritornare nella madre patria...
Sbarchiamo talmente presto nel porto del Pireo che è ancora notte, e dobbiamo fare un doppia colazione al bar per attendere l'apertura dei cancelli dell'Acropoli.
Siamo tra i primi visitatori, ma non certo gli unici... e tra le rovine dei vari templi greci Mauro da' presto segni di insofferenza: troppo caldo, troppa luce, troppe scale, troppe gru, troppi sorveglianti, ma soprattutto... troppa gente! Eppoi, l'entusiasmo scema subito dopo aver varcato le porte ciclopiche, perché la ricostruzione spesso approssimativa di colonnati e frontoni ci ricorda quella inutilmente scenografica del Palazzo di Cnosso a Creta e ci induce a tornare in tutta fretta al bar.
La visita del moderno Museo dell'Acropoli, invece, è molto più interessante ed emozionante, anche se Mauro non regge lo sforzo e rimane ancorato al bar... il biglietto d'ingresso costa meno della metà ma vale tanto di più dell'ascesa all'Acropoli, perché la scelta creativa dei materiali (vetro, acciaio e marmo) unita all'attenta disposizione degli spazi espositivi (grandi sale piene di statue e di luce) mi lascia spesso a bocca aperta... quando raggiungo il piano dedicato alle Cariatidi (quelle originali! e restaurate ad arte!) mi vien voglia di traslocare sui divanetti dell'attigua reading room!
Passo più tempo del previsto nel Museo, e Mauro beve più birre del previsto: nel lasciare Atene adotta uno stile di guida alla greca che mi stordisce.
Per farsi perdonare, accetta di trascorrere l'intero pomeriggio nello spettacolare anfiteatro di Epidauro, nel Peloponneso, dove prima o poi dovremo pur venire a pagaiare. È una terra bellissima, circondata da un mare ancor più bello... ma nel salire le prime gradinate delle oltre cinquanta dell'antico teatro greco, che ha conservato intatto tutto il suo straordinario fascino ancestrale, accentuato da un innegabile potere magnetico, Mauro esclama esausto: "Molto meglio pagaiare controvento... che lottare contro quest'orda di umani assatanati di storia antica!"
Così finisce la poesia di una giornata di vacanza pseudo-culturale.
Dopo un pranzo con suvlaki ed una cena con gelato, ci rifugiamo in riva al mare per un'ultima notte in tenda (dopo quella tremenda sul traghetto Mitilini - Atene ed in attesa di un'altra ultimissima notte in traversata da Patrasso ad Ancona...)
Ci sono i kayak, ma riposano sul tetto dell'auto: il sapore del viaggio è talmente diverso che non ci viene neanche voglia di fare un bagno sotto le stelle, né di rinfrescarci ancora una volta i piedi nell'acqua salata del Mar Egeo...

mercoledì 20 agosto 2014

L'interno dell'isola...

Oggi visitiamo Lesbo da terra, in auto.
Utilizziamo uno dei due giorni di riserva, su quelli programmati per la navigazione, per girare l'isola nell'entroterra. Percorriamo in un giorno più di 240 chilometri, che è tutto un altro viaggiare...
Intanto, le strade saranno anche migliorate negli anni, come ci hanno raccontato Rosie e Pete, ma sono ancora dei tratturi di montagna appena asfaltati, tutti curve, dossi e tornanti, senza mai un parapetto e con gli arbusti ad invadere la carreggiata, perché la manutenzione, qui, pare cosa poco praticata ed i ramoscelli più invadenti son tagliati via dai pochi camion di passaggio.
Inoltre, la segnaletica orizzontale è quasi del tutto inesistente, scolorita forse dal sole, come è successo alla mia girandola che in appena due settimane ha perso il rosso e l'arancione... la segnaletica verticale, poi, è rimasta quella di trent'anni fa, con lo sfondo giallo dell'era pre-unificazione europea dei codici della strada. E ad ogni chilometro c'è un cartello triangolare che avvisa della possibile presenza di mucche in carreggiata.
Infine, frecce e targhe delle auto sembrano degli optional, come del resto i caschi per le moto e, come avevamo già notato in mare, le luci di segnalazione notturna delle barche da pesca. È tutto un andare per approssimazione, decidendo le manovre in base al comportamento dell'altro conducente.
A me basta mezz'ora di guida alla greca per esaurire la notoriamente già scarsa riserva di autocontrollo e ad ogni incrocio prendo a sbraitare come uno scaricatore di porto... con somma gioia di Mauro, che vorrebbe lasciarmi giù alla prima piazzola di sosta.
Ci rilassiamo solo quando vediamo il mare. E riconosciamo la 'nostra' costa: i fenicotteri rosa nelle saline del Golfo di Kalloni, i dromi bianchi dello stretto, le montagne brulle della Riserva Naturale della zona occidentale di Lesbo...
La nostra meta di oggi è la Foresta Pietrificata di Sigri, patrimonio dell'Unesco dal 2004. Che però non è al mare, come pensavamo e speravo. Ma in montagna: altri 30 chilometri di tornanti senza parapetti e curve pericolose e donnole che attraversano senza preavviso... comincio a straparlare: "ma chi ce l'avrà mai fatto fare!"
C'è solo da augurarsi che non si fermi la Mauromobile, altrimenti ci ritroveranno qui solo tra qualche migliaio d'anni, pietrificati come gli alberi che stiamo cercando...
I lavori in corso per l'ampliamento della strada che collega la foresta in montagna al museo in città rendono il paesaggio ancora più surreale: chissà di quante corsie diventerà, la strada, a giudicare dagli sbancamenti (che ricordiamo di aver intravisto anche dal mare, quando siamo passati di qua in kayak...) e chissà se li finiranno mai, i lavori, visto che ogni pochi metri salta fuori un altro tronco pietrificato (tutti accuratamente segnalati e ricoperti da uno strato di resina protettiva...)
Lungo il tragitto non c'è neanche una taverna o un kafenio, niente, solo strade che serpeggiano in un paesaggio lunare sempre uguale... quanto ci manca il mare!
Ma la Foresta Pietrificata vale davvero la pena: non tanto di foresta si tratta, quanto di una cinquantina di tronchi di conifere disseminati a caso in una vallata secca e brulla... sono protetti da muriccioli a secco e collegati da sentieri in pietra, hanno la bellezza di 20 milioni di anni e sono molto più colorati di quanto pensassimo: hanno mantenuto, sotto le ceneri vulcaniche che li hanno sommersi e fossilizzati, delle incredibili venature rosse e gialle, oltre alla corteccia ben riconoscibile e agli anelli interni perfettamente leggibili... sarebbe piaciuto tanto al mio fratellino geologo, 'sto posto!
A Mauro piace di più la kantina sul mare che scoviamo sulla spiaggia di Sigri, qualche ombrellone di foglie di palma e poche prelibatezze servite in piatti di plastica... ma la vista sull'isola di Megalonission battuta dal Meltemi è impareggiabile e ci godiamo il pranzo come fossimo al miglior ristorante!
Ci sentiamo un po' persi, però, senza i nostri kayak sulla riva che aspettano di riprendere a navigare. Non è il nostro ideale di vacanza, questo, che Mauro definisce 'da terragni', preferiamo stare in mare, faticare controvento se necessario, ma avere ogni giorno la possibilità di immergere le pagaie in acqua... eppoi, anche scorrazzando in lungo ed in largo per l'isola, come sempre facciamo quando abbiamo qualche giorno in più, giungiamo sempre alla stessa identica conclusione: la terra vista dal mare è molto più bella!
Il ritorno a Mitilini è un'altra mezza agonia, lungo le stesse strade tortuose, su e giù per le montagne, prima desertiche e poi lussureggianti.
Ma quando al tramonto la nave molla gli ormeggi ed esce dal porto, un pezzetto di noi rimane a Lesbo...

martedì 19 agosto 2014

Charamida - Mitilini (17 Km)

Notte insonne.
Pensavamo di aver scelto un buon posto per la tenda, riparato dal Meltemi e ben ombreggiato, sul grande spiazzo del chiosco sul mare di un albergo chiuso da tempo.
Invece il vento penetra il triplo strato di protezione offerto dai platani alti, che così sbatacchiati riproducono il rumore della mareggiata, dalle tamerici più basse, che si contorcono ad ogni folata, e dalla vite attorcigliata sul pergolato, che fa pendere sulle nostre teste grappoli ambrati che nessuno assaggerà più... il Meltemi soffia tutta la notte, non smette mai di far turbinare foglie secche intorno alla tenda e si insinua persino sotto il telo per farmi il solletico ai gomiti!
Abbiam fatto due conti: in 15 notti sull'isola, 7 le abbiamo trascorse su cemento, asfalto o brecciolino, 4 su sterrati e 4 su spiagge, di cui solo 2 di sabbia... un viaggio per aspiranti fachiri sarebbe stato più comodo!
Partiamo tardi, ovviamente.
Un po' per riprenderci dalle fatiche e un po' per allontanare la fine del viaggio.
Che comunque non è ancora finito: i chilometri che ci separano dalla meta finale, benché non molti, sono tutti controvento: il Meltemi soffia a 25 nodi e dobbiamo cavalcare i primi cavalli bianchi appena raggiungiamo il faro dell'estremità meridionale della penisola. Che almeno è un faro vero e visibile dal mare.
A metà del percorso ci fermiamo per il pranzo, in un porticciolo maleodorante per il fondale fangoso. Ma così riusciamo ad evitare le corse di quei "folli che sciano sul mare", come dice Mauro: viste le raffiche sempre più decise, infatti, una dozzina di kite-surfer sfreccia avanti e indietro inseguendo il vento.
Per un momento, uno soltanto, pensiamo di fare l'auto stop per raggiungere Mitilini e per evitare così di sudare sette camice per risalire il vento... Ma chiudere il periplo dell'isola sbarcando dopo giorni nello stesso punto del primo imbarco è sempre una bella emozione e non vogliamo rinunciarci per qualche raffica contraria.
Per un po', andiamo a ricaricare le batterie in un baretto sulla spiaggia. Ma ci ritroviamo a guardare il mare da dietro una doppia fila di ombrelloni, mentre nell'aria si diffonde musica sudamericana... restiamo giusto il tempo necessario per scolare un ottimo caffè frappè e poi scappiamo ai kayak. Siamo impazienti di riprendere la battaglia contro il Meltemi. Che non ce la da vinta.
Avanziamo lenti e con fatica, ad una decorosa velocità media di 1 nodo: è già duro pagaiare controvento in un giorno qualsiasi, oggi che è l'ultimo è due volte più difficile. Ci ricorda Creta, dove la fine sembrava irraggiungibile per via del Meltemi, contrario fino all'ultimo metro...
Ma per fortuna che c'è il Meltemi, qui a Lesbo, a distrarci dalla monotonia del litorale: la fila chilometrica di tamerici strette tra la strada ed il mare è interrotta solo dalla torre di controllo dell'aeroporto.
Superato un ultimo porticciolo, come gli altri pieno quasi solo di piccoli pescherecci, si intravede la nostra destinazione...
Tutte le spiagge dell'isola, anche quelle libere, sono sempre dotate di doccia e spogliatoio: la 'nostra' ha solo il secondo, della prima neanche l'ombra. Torniamo indietro un paio di chilometri all'ultima doccia incontrata. Tutte le docce dell'isola sono bollenti perché i tubi corrono sul terreno e si arroventano al sole: la 'nostra' è ghiacciata!
Recuperiamo l'auto dal parcheggio dell'albergo in cui l'avevamo lasciata due settimane fa, salutiamo il gestore, torniamo ai kayak, li vuotiamo e leghiamo sul tetto e guidiamo (attività sufficiente per stressare entrambi!) fino alla taverna dei calamari giganti di Achladeri, nel Golfo di Kalloni... ci eravamo passati giorni fa e coprire la stessa distanza in un'oretta ci crea un certo disorientamento spazio temporale... ma... il viaggio è anche questo.

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lunedì 18 agosto 2014

Pigadakia - Charamida (24 Km)

Colazione al tavolo, da gran signori!
Il paese si sveglia tardi.
Incontriamo solo un pescatore, che chissà perchè parla spagnolo e fa gli onori di casa: "Si necessitas agua, quitala". Ma di acqua non abbiamo bisogno, né di cibo, abbiamo tutto in abbondanza. Ci mancano solo delle altre ferie... il viaggio, purtroppo, sta volgendo al termine e domani saremo di ritorno a Mitilini.
Il Meltemi sembra sapere che sono i nostri ultimi giorni di viaggio ed è venuto a porgerci i suoi saluti: da ieri soffia senza sosta, cala un po' solo durante la notte, e continuerà così anche domani.
Un kite-surfer incontrato in spiaggia un paio di giorno fa ci aveva detto che, per tornare a far volteggiare in aria le loro vele colorate, lo stavano aspettano... ed il Meltemi non si è certo fatto attendere.
Stamattina pettina il Golfo di Geras ed i campi all'intorno, scompiglia i filari di pioppi che corrono oltre la spiaggia e trasporta sull'isola una folta schiera di nuvole paffute e grigiastre. Anche se non fa più il caldo torrido dei giorni passati non sono comunque previste piogge.
Possiamo dare inizio alla giornata.
Entriamo nel piccolo porticciolo di Gialou Pigadi, adagiato proprio in fondo al golfo ed abbellito da una vecchia ciminiera di mattoni rossi.
Il vento rinforza quando iniziamo a ridiscendere il versante orientale del golfo, tutto un susseguirsi di villette sparse nella campagna e nascoste dagli ulivi... in men che non si dica, copriamo gli undici chilometri che ci separano dalla idilliaca ansa di Anemomilos, dove consumiamo un pasto disintossicante a base di anguria e melone.
Il Meltemi non cala. Si formano onde più consistenti che fanno beccheggiare i tre pescherecci ancorati in rada e che creano un piccolo dumping sulla riva sassosa. Il Voyager, col suo pozzetto ampio, permette una risalita alla cow-boy molto agevole e Mauro è sempre il primo a prendere il mare.
Costeggiamo velocemente le ultime anse dello stretto, dove il vento si diverte a roteare in ogni direzione, specie quando le barche a vela cercano un ridosso sicuro per calare l'ancora. A noi ci spinge fuori dal golfo in tutta fretta, mentre passa un barchino carico di gente (deve essere un taxi collettivo che effettua corse regolari tra le due sponde, perché è da ieri che va avanti e indietro a tutte le ore).
Il Meltemi imbianca anche il mare fuori dal golfo e ci fa penare un po' per raggiungere la nostra meta finale.
Ma tra gli ombrelloni della spiaggia di sassolini scuri si intravedono i tavoli apparecchiati di una taverna e noi non aspettiamo neanche che cali il tramonto. L'ultimo sole ci illumina con le gambe sotto uno di quei bei tavolini in legno...

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domenica 17 agosto 2014

Tsilia - Pigadakia (22 Km)

Dormiamo dodici ore filate!
E ne dormiremmo altrettante, per quanto è rilassante questo angolo dell'isola.
Non siamo i soli occupanti della spiaggia, ma le altre due famigliole greche, con stuolo di marmocchi urlanti al seguito, si sono accampate davanti al giardino fiorito della casina sul mare, all'estremità opposta della baia. Noi, invece, abbiamo montato la tenda, del tutto indisturbati, nel bel mezzo della stradina di accesso, a pochi passi dalla chiesa e dalle rovine di qualche vecchio insediamento industriale.
Anche questa chiesetta, come forse tutte quelle dell'isola, ha una scalinata che rimane in ombra tutta la mattina: perfetta per la prima colazione.
Siamo talmente lenti, oggi, che prendiamo il mare a  mezzogiorno.
Un tonno di dimensioni impressionanti salta cinque volte fuori dall'acqua a qualche decina di metri dai nostri kayak. Più che sufficiente per risvegliarci del tutto.
Io sono di nuovo a bordo del Voyager e scopro subito un'altra apprezzabile qualità del kayak, il suo abbrivio: dopo l'ultima pagaiata non si ferma, come spesso capita agli altri kayak, ma prosegue sulla sua rotta per distanze che mi sembrano infinite, tanto che Mauro deve spesso richiamarmi all'ordine per riuscire a farmi entrare in qualche fotografia.
L'ultimo promontorio prima del Golfo di Geras ha rocce nere, grige e rosse che assomigliano a quelle del Monte Circeo ma, stranamente, qui non c'è neanche un faro a segnalare l'ingresso.
Lo stretto è davvero stretto, poco meno di trecento metri, e tra anse, capi e scogli si protende all'interno del golfo per qualche chilometro. Entrambi i versanti sono ricchi di ancoraggi ben ridossati e alcune barche a vela riposano nelle prime cale. Il "nostro" versante, però, è talmente ben dotato di porticcioli e taverne che non riusciamo proprio a resistere alla tentazione! Specie quando, lungo la strada costiera, si profila il pergolato giallo, ricoperto di reti da pesca rossastre, della "Psarotaverna Marmaro". I tavolini di legno verde, con le sedie impagliate azzurre e le tovaglie a scacchi rossi e blu, sono distribuiti davanti al porticciolo in cui dondolano una decina di piccoli pescherecci colorati... completano l'opera naif una serie di belle decorazioni sospese alle travi, di quelle che piacciono a Pietrafatata, realizzate con legni, conchiglie e galleggianti.
Il menù è ricco: le sardine alla piastra e le melanzane impanate e fritte sono buonissime.
Difficile ripartire, ma la brezza che sale verso nord, in barba alle previsioni, non accenna a calare e quando finalmente riprendiamo a pagaiare, alle cinque del pomeriggio, rende facile il nostro andare.
Ma è solo una breve illusione!
In barba a noi e alla nostra pigra lentezza, il Meltemi previsto arriva puntuale a spazzare il golfo con raffiche di venti nodi. La nostra risalita verso nord ovest diventa così molto... bagnata.
Ad ogni spruzzo penso di rovesciarmi: è la mia prima volta nel vento sul Voyager e mi sembra di essere seduta sulle uova... poi decido di rilassarmi e scopro che invece è un transatlantico!
Le onde di prua gli fanno un baffo, quelle al mascone non lo spostano di un centimetro dalla sua rotta e quelle al traverso, che prendo talvolta di proposito, gli passano sopra e sotto senza influire più di tanto sull'assetto generale. Inizio a prenderci gusto e quasi non mi accorgo delle ciminiere di mattoni rossi di Perama, tutte più o meno diroccate come il vecchio mulino abbandonato appena fuori dal paese.
La strada qui corre sul mare, proprio sopra il mare, tanto che ci entra negli occhi la polvere sollevata dalle auto e nel naso il fastidiosissimo odore dei motori... Conviene rinunciare al ridosso offerto dalla costa per respirare aria pura al largo, anche se il vento rinforza.
Per un certo tratto ci aiutiamo con la tecnica groenlandese della pagaiata in linea, un kayak dietro l'altro, ma il Voyager scalcia e prende sempre la fuga, anche contro vento. Mi diverto un mondo!
Sono solo un po' intimorita da Polpiak, il polipetto che ho trovato a Skopelos l'estate scorsa e che da allora è aggrappato alla prua dei kayak di Mauro: mi guarda in modo minaccioso ed inquietante, sembra non apprezzare il mare mosso e mi fa rimpiangere la mia innocua medusa portafortuna. A dire il vero, mi manca anche la pompa a pedale che impreziosisce il mio Baidarka e che Mauro sta usando di continuo: io, invece, ho i talloni in ammollo da troppo tempo e le condizioni non sono certo adatte all'uso della pompa manuale...
Sul Baidarka, però, il seggiolino non è imbottito e comincio a preoccuparmi per l'osso sacro del suo povero occupante. Ma l'Uomo di Ferro non profferisce parola, almeno fino allo sbarco, quando ne dice soltanto due: "Ho fame"!
Pranzo e cena in taverna?!?
Perché no? Sono gli ultimi giorni di viaggio e vale la pena di goderseli fino in fondo...
Solo per montare la tenda incontriamo qualche difficoltà, perché la spiaggia di Pigadakia è talmente corta e frequentata da spingerci a ripiegare sul parcheggio asfaltato retrostante la taverna... ma non possiamo avere tutto.

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Latitudine:39.08914
Longitudine:26.44847
Posizione GPS Data/Ora:08/17/2014 19:12:41 CEST

Messaggio:Stiamo bene e il viaggio prosegue come programmato...

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Melida - Tsilia (21 Km)

Ieri sera, tra un ouzo e l'altro, abbiamo tirato mezzanotte. Stasera, invece, alle nove siamo già in tenda, cotti e contenti dopo un'altra giornata piena di mare e di sole... ma andiamo con ordine.
La prima parte della mattinata scorre lenta e tranquilla, perché quando il sole prova ad arrostirci in tenda, si alza una decisa brezza da est che rinfresca ogni cosa. La seconda parte, invece, benché trascorsa in mare, si rivela di un caldo insopportabile, perché appena saliti in kayak quel venticello gentile si placa, l'acqua si distende come una tela e l'umidità cresce fino ad avvolgere dietro un velo spesso la cima dei monti lungo costa.
Ogni tanto sentiamo un leggero scroscio di pioggia, poi il mare torna immobile. Sono enormi branchi di acciughe che, forse spaventate dalle ombre dei nostri kayak, guizzano fuori dall'acqua in lunghe schiere ordinate. Sembra quasi che vogliano cucire insieme cielo e mare, come fili argentati di un ago invisibile che lavora infaticabile tra aria ed acqua.
Sono talmente veloci ed imprevedibili che non riusciamo mai a farle entrare in una fotografia. Ci seguono per l'intera giornata, o forse siamo noi che, involontariamente, le stiamo inseguendo. Sono tantissime, mai viste così tante acciughe tutte insieme.
Deve essere un mare davvero pescoso, questo, peccato avere dimenticato a casa l'occorrente per la pesca alla traina. Lenze, ami, rapala, ho lasciato tutto in garage, tutto tranne il retino, che giace dal primo giorno nel pozzetto dietro il seggiolino, insieme all'altro inutilizzato pezzo dell'attrezzatura, il paddle-float gonfiabile (che chissà per quale arcano motivo mi ostino ancora a portare in viaggio!).
Le acciughe ci saltano intorno  persino all'ingresso del porto di Plomari, una bella cittadina stretta tra mare e monti, con le scalinate ripide che si insinuano tra le case alte e piene di balconi... ma c'è troppa confusione, per i nostri gusti, e così decidiamo che la birra ed il caffè frappè ce lo gustiamo nel villaggio successivo, Agio Isidoros.
Appena tirati in secca i kayak sui sassolini bianchi e levigati ci raggiunge un sonoro "welcome". E subito: "Where are you from? Ah, siete italiani! Benvenuti, allora!"
Alexandros è un ragazzo dalla classica bellezza greca, alto, magro, moro, con due occhi scuri ed un sorriso aperto. Ha un kayak doppio della Rainbow che usa per delle brevi escursioni con la figlia ma, ci dice, non ha mai pensato di fare il giro dell'isola. È incuriosito soprattutto dalle pagaie groenlandesi, che chiede di provare e che porta in acqua per capire meglio come funzionano le pale in linea. Ma deve tornare alla partita di beach volley lasciata in sospeso al nostro arrivo. Prima di salutarci, ci offre pere e fichi: "Vi scriverò quando ripasso da Milano! Buon viaggio".
Oggi non vogliamo perderci la termica che solitamente si alza all'ora di pranzo. Alle tre esatte risaliamo in kayak e sfruttiamo la vigorosa brezza da ovest che cresce veloce fino a rigare il mare prima di ochette e poi di pecorelle bianche... ci spinge decisa versa la nostra meta ed in meno di due ore ci aiuta a coprire i 14 chilometri restanti.
Pagaiamo abbastanza distanti dalla costa per riuscire a cavalcare le onde più grandi ma abbastanza vicini da riconoscere le chiesette che danno il nome ad ogni ansa incassata tra la costa rocciosa. Le colline all'intorno sono ricoperte di boschi di pini e solo in riva al mare la massa verde si abbassa ed i cespugli si diradano. È un bel navigare, mi vien voglia di fischiettare...
Mauro si destreggia sul Voyager planando di tanto in tanto con punte di 7 nodi e mantenendo bene la rotta. Nelle 'lavatrici' sui capi il Voyager, grazie alla sua lunghezza, risente così poco delle onde di ritorno da fuggire via... e da lasciarmi indietro a saltellare da sola tra le quelle piccole stalagmiti liquide.
Delle cinque spiagge che si susseguono lungo la costa frastagliata, tutte dai nomi poetici ed invitanti (Fara, Tarti, Tsafi, Ligonari e Tsilia), scegliamo l'ultima perché più ridossata e con una bella chiesetta dipinta di bianco tra gli ulivi... ad essere sinceri, speriamo fino all'ultimo che quella casupola dal giardino fiorito sia una taverna, e invece...
Non siamo mai sbarcati tanto presto. Mancano ancora tre ore al tramonto ed abbiamo tutto il tempo di dedicarci alle piccole cose che ci rendono felici: nuotare, leggere, cercare conchiglie, scrivere, mangiare... e pensare agli amici lontani e vicini che diventano nonni, compiono gli anni, girano in moto, in bici o a vela, fotografano girandole, ci seguono sul blog.
È in serate come questa che ci sentiamo particolarmente fortunati di poter vivere a così stretto contatto col mare...

sabato 16 agosto 2014

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Latitudine:38.98053
Longitudine:26.51501
Posizione GPS Data/Ora:08/16/2014 16:33:46 CEST

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Latitudine:38.96769
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Posizione GPS Data/Ora:08/16/2014 12:29:27 CEST

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venerdì 15 agosto 2014

Koukouvagia - Melida (23 Km)

Il sole bussa alla nostra tenda prima delle sette del mattino per annunciare che oggi è il gran giorno!
Non perché è Ferragosto. Neanche perché c'è un'umidità eccezionale ed una foschia che nasconde l'orizzonte. Nemmeno perché sarà il giorno più caldo del viaggio...
Oggi è una giornata speciale perché ieri sera Mauro ha sorteggiato il materassino nuovo ed io ho vinto il suo Voyager!
Oggi il Voyager spetta a me!
Sono contenta come una bambina: devo prenderci ancora le misure, ma è un kayak veloce come una freccia. Appena mi perdo dietro i miei soliti sogni ad occhi aperti, perdo Mauro, che sul Baidarka rimane indietro come toccava a me nei primi giorni di viaggio.
Il Voyager è un kayak degno del nome che porta: viaggia sicuro, basso sull'acqua, stretto e lungo, con un'ottima capacità di carico, una grande direzionalità ed una stabilità primaria bassissima... è un vero godimento!!!
Mi pavoneggio come modella...
Scoviamo una caletta ridossata dai colori talmente invitanti, a terra ed in mare, che ci fermiamo anzitempo.
Pranziamo sotto un sole cocente, senza neanche tirar fuori gli ombrellini, per approfittare fino in fondo della calura estiva greca.
Dopo un secondo shampoo, mi 
concedo un pisolino come desideravo da tempo: sdraiata sulla battigia di fine sabbia rossastra, le gambe in ammollo nell'acqua fresca e trasparente, la testa poggiata sui ciottolini policromi su cui riposano anche i kayak... mi sveglio "salmonata" e contenta!
Oltre Akrotiri Agios Fokas, il promontorio su cui campeggia un invisibile tempio greco dedicato a Dioniso, si apre un litorale basso e sabbioso lungo 12 chilometri. Temiamo stabilimenti balneari caotici e rumorosi, ma ci ricordiamo subito che Lesbo è un'isola fuori dalle tradizionali rotte turistiche. In giro non c'è quasi nessuno. Quasi.
Scendiamo nei pressi di Vatera per fare spesa e ci viene incontro a braccia aperte Stavros, un ragazzo che avevamo "incrociato" ieri nel Golfo di Kallonis. Nuotando verso di noi, ci aveva raccontato, tra un'ondicella e l'altra, di avere anche lui un kayak, un folder russo con cui di tanto in tanto traversa il golfo. "Fratelli italiani", ci dice oggi, in un italiano senza accento che ci racconta di avere studiato anni fa in un corso serale per adulti ad Atene. Dopo grandi chiacchiere, ci regala un'anguria ed un melone: "Perché sono molto ammirato ed invidioso del vostro giro in kayak. Buon proseguimento!"
E se ne va...
Questo è proprio il viaggio degli incontri speciali!
Del resto, sono le persone che incontri a rendere speciale il viaggio!
La costa torna alta e rocciosa nelle vicinanze dell'unico abuso edilizio dell'isola, un piccolo villaggio turistico abbandonato da tempo ed ora ricoperto di graffiti. Le rocce richiamano i colori dei sassolini della spiaggia su cui mi sono addormentata a pranzo: rosso mattone, verde oliva, giallo ocra... C'è una chiesetta bianca incastonata in un piccolo canyon, che mi ricorda quello di Furore nella Costiera Amalfitana, ma che qui si chiama Kifti.
Quando cominciamo ad avere di nuovo fame, appare il piccolo e suggestivo borgo di Melida, animato e colorato come piace a noi. Poche case, poche barche, poca gente. Siamo sempre gli unici stranieri...
Montiamo il campo in un batti baleno, accanto ad altre tende di un appartato 'campeggio libero organizzato'... come fosse del tutto naturale... e come sarebbe bello che fosse, sempre e dovunque!
Alle otto di sera, per coronare degnamente questa giornata tanto intensa, siamo già seduti al miglior tavolo della taverna!!!

Achladeri - Koukouvagia (27 Km)

La notte è stata lunga e tranquilla, eccezion fatta per il latrato del cane mentre montavamo la tenda e per il canto del gallo che si è protratto dall'aurora fino alle nove, l'ora della nostra sveglia naturale di stamattina.
Cerchiamo senza troppa convinzione gli scavi archeologici di Pirra, segnati sulla carta ma distanti un paio di chilometri, troppi sotto il sole cocente...
Oggi le previsioni annunciano calma di vento, che in effetti non si leva neanche in tarda mattinata, come invece è sempre accaduto nei giorni passati. Potremmo riuscire a tornare in mare aperto, quindi, anche senza contare sulla spinta vigorosa del vento a favore, ma almeno senza dover combattere col vento contrario.
Staremo a vedere.
Il versante meridionale del Golfo di Kallonis è poco più antropizzato rispetto a quello settentrionale, ma le poche case di campagna si mimetizzano bene tra gli uliveti. Tanto sono brulle e gialle le colline di là, tanto sono rigogliose e verdi quelle di qua del grande mare interno.
L'acqua invece è sempre calda allo stesso modo: abbiamo deciso di ribattezzare il golfo "il grande lago dei pesci saltellantic, forse anche loro in cerca di un po' di refrigerio ogni volta che si slanciano fuori da quella sauna...
Due splendidi fenicotteri rosa si alzano in volo accanto ai nostri kayak e per qualche minuto seguono la nostra rotta. Il loro verso non è dei più musicali ma il battito leggero delle ali ed il lungo collo proteso in cielo sono uno degli spettacoli più affascinanti di Madre Natura.
Costeggiamo la linea sinuosa e bassa della costa fino a Skala Polichnitos, uno dei tanti piccoli villaggi di pescatori che animano il golfo.
Questo, però, ci riserva una graditissima sorpresa: ritroviamo, seduti ad un tavolino del porto, i due inglesi di Birmingham che avevamo avuto come vicini di tavolo qualche giorno fa, nella taverna dei fiori di zucca fritti di Kalo Limani. Ci invitano a sederci con loro e ci offrono una birra ed un caffè frappe'. Confessano di aver pensato spesso a noi e di aver scrutato la costa col binocolo nella speranza di avvistare i nostri kayak.
Rosie e Pete hanno visitato l'isola per la prima volta nel 1993 e da allora ci son tornati spesso. Ci dicono più cose di una guida turistica: che le strade sono migliorate, che il turismo ha avuto una crescita ed ora una flessione, che i rapporti con i turchi si sono distesi al punto che non solo sono state chiuse quasi tutte le basi militari, ma oggi (o chissà, magari da sempre!) i greci di Lesbo guardano alla televisione soap opera turche, ascoltano musica turca e ballano persino la danza del ventre. Li facciamo sorridere spiegando che nel nostro giro intorno all'isola non abbiamo mai intravisto delle frontiere, inutili e pericolose invenzioni degli uomini... e loro ricominciano a raccontare dei paesini dell'entroterra, della Foresta Pietrificata, dell'aeroporto di Mitilini... soprattutto ci chiedono un sacco di cose sul kayak, sulla programmazione del viaggio e sulle prossime nostre tappe... magari ci incontreremo ancora!
Alle quattro del pomeriggio riprendiamo la navigazione, accompagnati da una leggera brezza, piacevole e che cambia spesso direzione.
In un paio d'ore guadagniamo l'uscita del golfo. Ora che possiamo, ci dispiace un po' lasciarlo, e per ritardare il momento dei saluti ci concediamo una breve sosta vicino all'unica chiesetta bianca sullo stretto.
Mauro si prepara l'ennesima sigaretta, borbottando come sempre che è più il tabacco che s'è portato via il vento di quello che s'è portato lui in viaggio... c'è però un risvolto positivo, come sempre in ogni cosa: deve rollarsi una seconda sigaretta, così io ho più tempo per perlustrare la spiaggia in cerca di conchiglie!
Riprendiamo la navigazione giocando un po' con gli allineamenti dei dromi disposti a terra e con le luci rosse e verdi che in mare delimitano il canale di navigazione. L'ingresso per le grandi imbarcazioni non deve essere affatto semplice, per la presenza sia di molti scogli affioranti che di varie correnti perfettamente visibili. Solo una barca a vela entra mentre noi usciamo: è la prima che vediamo, a vele spiegate che risale il vento.
Finalmente l'acqua è di nuovo fresca ed i fondali tornano ad essere visibili anche a grandi profondità. Esultiamo al primo branco di castagnole che avvistiamo, più ancora che per il nostro magnifico campo per la notte: la spiaggia è corta e di ciottoli grandi come uova di dinosauro ed il terrapieno è stato appena visitato da una mandria di mucche ma... visto che la luna tarda a sorgere, in cielo si accende una stellata increbile!
Mentre Mauro cucina un bulgur da favola, passiamo in rassegna tutte le nostre costellazioni preferite: il Delfino, il Cigno, il Cancro, lo Scorpione, il Serpente, il Grande ed il Piccolo Carro, Cassiopea, Pegaso... sono talmente tante, le stelle in cielo questa notte, che ad un certo punto, lungo la Via Lattea, ne comincia a cadere più di una...