C'è da subito una bella brezza da nord ovest che ci spinge di poppa verso l'ingresso del grande mare interno che è il Golfo di Kallonis.
Mauro tenta subito un'altra prova strampalata col Voyager, sistemando le sei bottiglie d'acqua comperate ieri nel gavone di prua. Tutte. Anche stavolta il kayak regge bene lo sbilanciamento ed in mare naviga che è una meraviglia!
Costeggiamo un lungo tratto di costa rocciosa dai soliti colori, giallo ocra, rosso bruciato e grigio cenere. Siamo ancora nella Riserva Naturale di Lesbo ed il paesaggio non cambia: colline morbide riarse dal sole, nessuna pianta se non nei valloni più pronunciati, qualche fattoria sparsa tra le lunghe tracce dei vecchi muretti a secco.
Le poche spiagge di sabbia sono tutte occupate da "campeggi liberi organizzati", quelli che sorgono spontanei nei posti più belli, con tende colorate un po' dovunque, docce e bagni pubblici... come quello in muratura della spiaggia che abbiamo appena lasciato, autogestito ed immacolato, trovato e lasciato sempre perfettamente pulito, meglio che in un grand hotel!
Anche Makara, la spiaggia prescelta per la sosta del pranzo, ha una sua doccia: ce ne faremo almeno una dozzina in meno di un'ora. C'è un'afa soffocante. L'orologio da polso segna 39ºC!
È questa l'estate vera, per me, quando il sole arroventa la terra tanto che l'aria inizia a tremolare.
Chissà perché la sacca stagna del GPS decide sempre di rompersi in viaggio, invece che durante una delle solite escursioni domenicali sul lago. L'anno scorso all'Eubea aveva fatto la stessa cosa: scollarsi su un lato e riempirsi d'acqua. Il GPS è comunque resistente all'acqua ma Mauro non si dà pace, perché la cura che ripone nella manutenzione dell'attrezzatura è quasi maniacale e prima di ogni spedizione controlla e ricontrolla tutto nei minimi dettagli. Ora dovrà lavarla, asciugarla, incollarla... e sarà uno spreco di improperi.
I dieci chilometri del pomeriggio sono tutti controvento. L'imboccatura del golfo interno, infatti, orientata verso nord, è lunga quattro chilometri e nel punto più stretto è appena un chilometro, tanto che il canale navigabile segnalato dalle mede luminose è di poche decine di metri. Lo stretto ha sponde basse e frastagliate ed è costellato di dromi bianchi, ausili alla navigazione che spiccano tra le rocce scure.
La spiaggia in cui sbarchiamo per tirare fiato, dal nome assai curioso, Koukoumos, è piena di tesori ed in pochi minuti raccolgo un'infinità di ricci verdi, piccoli e abbombati, del tipo che nei nostri mari fatico sempre tanto a trovare!
Riprendo la navigazione felice e soddisfatta e, anche se il porticciolo di Parakila è modesto e trasandato, sbarco contenta all'idea di lavarli e sistemarli tutti.
Mauro invece ha un'altra idea: salire in paese, arroccato in collina, tre chilometri nell'entroterra, per cenare in taverna. Troviamo la piazzetta illuminata da un paio di lampadine nude appese alla bunganville, i bambini che giocano a nascondino tra i tavolini sistemati alla rinfusa sull'acciottolato ed i vecchietti che confabulano al kafenio...
La discesa è più facile ma tutta al buio, per una stradina tortuosa persa tra orti biologici di ulivi e limoni, disseminata di 'mine' piazzate ad arte dal recente passaggio di un folto gregge di pecore. Impossibile evitarle tutte alla luce fioca delle lampade frontali!
Alle dieci di sera dobbiamo ancora montare la tenda e crolliamo dal sonno... Stiamo per dare inizio ai lavori edili, quando la moglie del pescatore ci dice dalla barca, e ci spiega meglio a gesti, di spostarci sul piccolo piazzale antistante la chiesetta panoramica perché il prato è infestato di scorpioni. Anche qui!
P.s. per Maurizio: abbiamo appena scoperto che la pietre pomici sono più morbide!
Nessun commento:
Posta un commento