SUMMER SEA KAYAK EXPEDITION

L'isola di Lesbo è la terza isola greca e la seconda del Mar Egeo.
E' famosa per avere dato i natali alla poetessa Saffo e per il suo Ouzo, liquore di anice che qui è particolarmente aromatizzato.
Lesbo ha uno sviluppo costiero di 350 Km e, come tutte le isole del Mare Egeo in agosto, è caratterizzata dalla presenza quasi costante del Meltemi, il vento da NNW che mantiene "accettabile" la temperatura della secca estate isolana.
La probabilità del 27% che soffi con forza uguale o superiore a 4 Beaufort, unita alla bellezza dei paesaggi costieri, ne fanno un'ottima meta per un breve viaggio estivo.
Sarà, ancora una volta, un divertente viaggio con un compagno invisibile...
Tatiana e Mauro

lunedì 11 agosto 2014

Gavvathas - Sigri (30 Km)

Ci sveglia il ronzio di un drone, fastidioso come una zanzara. Sorvola più volte il paesino, il porto e la chiesetta arroccata sul promontorio, gira rapido su se stesso come una trottola e le sue quattro braccia bianche volteggiano nell'aria anche sopra i nostri kayak. Poi finalmente scompare. E la calma torna a regnare sovrana.
Visto che oggi è domenica, ci prendiamo un giorno di riposo: non andiamo a mangiare in taverna.
Ci dedichiamo alla costa.
Il versante nordoccidentale dell'isola è sottoposto a vincoli di tutela ambientale per la sua particolare conformazione geologica (è svelato così l'arcano della scritta sulla mappa 'Natura Spa', il programma nazionale di salvaguardia della riserva naturale di Lesbo).
Il paesaggio è incredibile, quasi lunare. Sembra di essere su un'altra isola, tanto è diversa la costa oltre Gavvathas.
Le colline sono tutte deserte, senza neanche un albero, ricoperte solo di arbusti bassi e secchi. Tutto è giallo ocra e grigio cenere.
Le scogliere sono lavorate nei modi più vari: qui i basalti colonnari, là gli scisti lamellari, lì massi incastonati nel tufo, ovunque scogli affioranti, secche e faraglioni.
Sui capi si profilano prima un cavalluccio marino, poi un cobra e dopo poco anche un triceratopo.
Sono scogliere scoscese e dirupate, pietre laviche mangiate dal tempo. Sono pugnali di roccia le cui lame acuminate affondano in un mare scuro e freddo.
Mai avremmo pensato di doverci immergere in acque tanto fredde, ma prendiamo coraggio ed in una baia riparata dal vento ci laviamo persino i capelli, visto che dopo una settimana di sabbia e salsedine cominciamo ad avere riccioli rasta (lo shampoo, naturalmente, è del tipo biodegradabile in acqua di mare!).
È la riserva naturale più brulla e desolata che ci sia mai capitato di incontrare nei nostri pellegrinaggi per il Mediterraneo... 
Sbarchiamo spesso, quasi in ogni ansa: la sabbia fine ed infuocata delle spiaggette è una forte attrattiva, visto che sin'ora abbiamo trovato solo ciottoli. I colori della terra sono incredibili, immense distese dorate, come tappeti di lana grezza appena smossi dal vento.
Meno male che c'è vento! Altrimenti si soffocherebbe dal caldo. Specie in giornate come questa, in cui non compare una nuvola in cielo.
Il Voyager si comporta egregiamente anche oggi e regge bene le bordate del mare, specie quando impegna Mauro in appoggi laterali da manuale... così basso sull'acqua, le onde frangenti lo scavalcano senza quasi influenzarne l'assetto.
Arriviamo sul far della sera nel pittoresco villaggio di Sigri, famoso per la 'Foresta Pietrificata' che intravediamo in collina e che speriamo di tornare a visitare in auto una volta terminato il periplo.
Il paese è una miniatura, poche case bianche raccolte intorno al porto, un castello diroccato, un mulino e qualche tamerice sulla spiaggia. Finalmente delle piante!
Ci sono anche diverse vele in rada, con l'ancora gettata a pochi metri dai ristorantini affacciati sul mare...
Ma dopo una giornata trascorsa in perfetta solitudine, senza aver intravisto nessuno né a terra né in mare, ci risulta difficile tornare tra la gente... superiamo di poco il paese e scegliamo una caletta a mezza luna appena liberata da surfisti e kite-surfer: Paralioti, che posto!!!
Ci sono le rane che cantano negli acquitrini retrodunali e le pecore che fanno tintinnare i campanacci poco lontano. Ci sono le solite colline giallognole dalle curve morbide che cingono tutta la baia.
C'è anche un riparo perfetto per la tenda, sul limitare della spiaggia di sabbia bianca e fine: qualcuno ha costruito negli anni un muricciolo di ciottoli alto oltre un metro e a forma di ferro di cavallo, un'opera di alta ingegneria civile adibita ad uso balneare. Negli interstizi sono incastonati frammenti rossi di laterizi moderni e di anfore antiche e c'è persino una nicchia laterale che contiene selci e conchigliette. Un angolino niente male!
Siamo affamati: per pranzo abbiamo mangiato 'solo' il cocomero, cinque chili di acqua e zucchero. Mauro cucina un cous-cous indimenticabile mentre il sole tramonta dietro l'isola di fronte e la luna piena sorge dalla collina alle nostre spalle!

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